emiliano rubbi

Emiliano Rubbi ospite di #FormaPOP il prossimo 22 febbraio 2020.

Il problema del diventare “influencer politico quasi per caso” è che poi ti senti chiamare “influencer”.

Che tecnicamente magari è pure vero, eh, ma di base, personalmente, quando sento parlare di “influencer” io penso alla Ferragni, a Gianluca Vacchi, a gente che “sposta” milioni di euro ed è contesa tra sponsorizzazioni di moda e comparsate in discoteca, di sicuro non a me, che da quando è nato mio figlio a malapena riesco a stare sveglio fino a mezzanotte e poi crollo come se avessi lavorato in miniera per 72 ore consecutive.

Sono un influencer scarsissimo, da quel punto di vista, insomma.

Però c’è un fattore che accomuna me e la Ferragni (e non sono i lunghi capelli biondi e neanche la passione per la musica di Fedez): entrambi ci rivolgiamo a un pubblico molto ben definito (il suo vastissimo, il mio infinitamente meno), quello della nostra “bolla social”.

Ma mentre il fatto di sponsorizzare uno sciampo contempla, di per sé, che il pubblico a cui ci si rivolge sia “selezionato” in base ad una serie di fattori fissi e ben definiti (primo tra tutti la presenza di capelli, il che mi esclude automaticamente dal target), la comunicazione politica, teoricamente, dovrebbe riuscire a parlare con tutti.
Anche con quelli che non sono d’accordo con noi, magari cercando di far cambiare idea a qualcuno.
Ed è una cosa complessissima da fare, seguendo gli schemi della comunicazione “da social”, perché è molto semplice “aggregare” chi già la pensa come noi, mentre uscire dalla propria “bolla” e comunicare con chi usa un linguaggio diverso dal tuo si rivela, il più delle volte, proibitivo.

Personalmente, in tal senso, credo di poter portare più domande che risposte.

Ne parliamo sabato, a #FormaPOP
Mi riconoscete subito: io sono quello senza i capelli lunghi e biondi.

Emiliano Rubbi

FORMA POP: IL 22 FEBBRAIO IL SECONDO APPUNTAMENTO Previous Post
Il giorno dopo il Decreto Next Post